Cooperazione sanitaria internazionale. Un anno di impegno e solidarietà nell’assistenza alle persone più fragili, soprattutto bambini, provenienti da Paesi extra Ue. La Regione fa il punto sugli interventi realizzati nelle strutture sanitarie dell’Emilia-Romagna nel 2019. Schlein e Donini: “Doveroso contribuire concretamente contro le disuguaglianze di cui sono vittime soprattutto i più piccoli”
Bologna - Soprattutto bambini, poi donne, uomini, malati cronici. Sono i pazienti affetti da gravi patologie che ogni anno vengono accolti nelle strutture sanitarie dell’Emilia-Romagna, da Piacenza a Rimini, per ricevere le cure di cui hanno bisogno.
Un aiuto concreto che la Regione Emilia-Romagna offre a persone provenienti da Paesi extra Ue, dove non esistono o non sono facilmente accessibili competenze medico-specialistiche per il trattamento di specifiche patologie, grazie al Programma annuale di assistenza a persone straniere.
Nel 2019 sono stati 99 i pazienti, di cui 70 (oltre il 70%) con meno di 14 anni, trasferiti nelle strutture regionali per ricevere prestazioni sanitarie di alta specialità, come ad esempio interventi di chirurgia pediatrica o conseguenti a patologie tumorali e cardiopatiche. Il punto sull’assistenza fornita dal servizio sanitario regionale attraverso questo Programma umanitario - attivo dal 2001 e adottato d’intesa con il ministero della Salute - è stato fatto oggi in Giunta. 1,5 milioni di euro le risorse impegnate, confermate per lo stesso importo anche per il 2020.
“Il diritto alla salute spesso è un diritto negato, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove non sempre le strutture sanitarie sono in grado di intervenire nelle situazioni più gravi- sottolineano la vicepresidente con delega alla Cooperazione internazionale, Elly Schlein, e l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini-. L’obiettivo principale, che come Regione intendiamo conseguire attraverso i programmi annuali di aiuto sanitario, è di contribuire concretamente al superamento delle disuguaglianze di cui sono vittime soprattutto i bambini, in quei Paesi dove è più difficile accedere alle cure di alcune gravi patologie. È dovere di noi tutti operare per abbattere l’indifferenza ed eliminare le distanze geografiche e umane”.
Il Programma, che dà attuazione a una legge nazionale (la 449 del 1997) e fa riferimento al Documento di indirizzo programmatico approvato ogni tre anni dall’Assemblea legislativa regionale, indica come territori oggetto degli interventi umanitari Albania, Argentina, Bosnia-Erzegovina, Brasile, Cuba, Egitto, Eritrea, Etiopia, Libano, Libia, Marocco, Moldavia, Montenegro, Mozambico, Senegal, Territori dell’Autonomia Palestinese, Somalia, Tunisia, Kossovo, Serbia e popolo Saharawi proveniente dai campi profughi algerini.
Oltre agli interventi sanitari da effettuare nelle strutture emiliano-romagnole, il Programma prevede il trasferimento di risorse nei Paesi da aiutare, come medicinali, apparecchi e personale medico, e lo scambio di esperienze professionali e gemellaggi tra ospedali; ci sono anche progetti specifici di prevenzione e diffusione di conoscenze igienico-sanitarie.
I Paesi di provenienza più frequentemente interessati sono stati: Albania (29 casi), Bosnia (15), Zimbabwe (14), Kosovo (8), Marocco (6), Serbia (6), Moldavia (4), Ucraina (4), Bielorussia (3) e Saharawi (3). Le Aziende sanitarie coinvolte negli aiuti umanitari sono state: Azienda Usl della Romagna (32 casi), Azienda Ospedaliera di Bologna (26), Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna (16), Azienda Usl di Piacenza (8), Azienda Usl di Reggio Emilia (6), Azienda Ospedaliera di Modena (5), Azienda Ospedaliera di Ferrara (3), Azienda Ospedaliera di Parma (2), Azienda Usl di Bologna (1 caso).
Da quando il Programma è attivo (2001-2019) sono stati curati 2.021 pazienti: 1.494 con meno di 14 anni e 527 con oltre 14 anni. /Ti.Ga.