Coronavirus. L’associazione tra smog e Covid-19 ipotesi non verificata. L’assessore Priolo: “Evitiamo, in momento di grande difficoltà, di diffondere informazioni non sufficientemente verificate e diamo a i cittadini informazioni basate su ricerche accurate per coinvolgerli in modo consapevole”
Bologna - “L’associazione tra smog e Coronavirus è un’ipotesi non verificata. Al momento non esistono infatti studi approvati e condivisi dalla comunità scientifica in grado di dimostrare una maggiore diffusione del Coronavirus nelle aree dove c’è più inquinamento da particolato atmosferico. Sarebbe bene, quindi, in un momento di difficoltà come quello che stiamo attraversando, evitare di diffondere informazioni non sufficientemente verificate. E’ anzi proprio in questi momenti che occorre dare ai cittadini informazioni basate su ricerche accurate e approfondite, per coinvolgerli in modo consapevole e utile”.
Così l’assessore regionale all’Ambiente, Irene Priolo, dopo la diffusione di una nota di alcuni ricercatori italiani ripresa da stampa e social, che ipotizza una correlazione tra smog e aumento contagio.
Dopo i biologi a frenare su questa ipotesi è anche la Società italiana di aerosol (Ias), che annovera tra i suoi soci circa 150 ricercatori esperti proprio di particolato atmosferico. "Le attuali conoscenze relative all'interazione tra livelli di inquinamento da polveri sottili e la diffusione del covid-19 sono ancora molto limitate e ciò impone di utilizzare la massima cautela nell'interpretazione dei dati disponibili", si legge nel documento, pubblicato oggi dalla Ias e firmato da 70 scienziati di vari enti e istituzioni: Cnr, Infn, Enea, Arpa di Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte, Università di Bologna, Roma "La Sapienza", Milano, Milano-Bicocca, Padova, Firenze, Venezia, Torino, Napoli "Federico II", Genova, Modena-Reggio Emilia, Ferrara, L'Aquila, Salento e Basilicata, oltre che da ricercatori italiani impegnati all'estero (Spagna, Finlandia e Regno Unito). L'intera società scientifica, si legge nel documento, è dunque "unanime nel valutare come parziale e prematura l'affermazione che esista un rapporto diretto tra numero di superamenti dei livelli di soglia di polveri sottili e contagi da covid-19".
Un eventuale effetto dell'inquinamento sul coronavirus, dunque, è "allo stato attuale delle conoscenze un'ipotesi che dovrà essere accuratamente valutata con indagini estese e approfondite".
“Per questo motivo- prosegue Priolo- insieme al collega della Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo e in accordo con le Agenzie regionali per la prevenzione e l’ambiente, invitiamo la comunità scientifica ad agire con la massima responsabilità nel diffondere risultati ancora ipotetici e che non siano stati condivisi”.
Dal punto di vista della gestione della crisi sono già in atto misure restrittive per evitare il contagio, che hanno anche effetti di contenimento delle principali sorgenti di inquinamento atmosferico (limitazione degli spostamenti, con conseguente forte riduzione del traffico, rallentamento delle attività produttive, ecc.).
E a questo scopo sono state attivate dai servizi regionali ambiente e sanità e dalle agenzie ambientali, specifiche iniziative volte ad indagare in modo approfondito le relazioni tra inquinamento atmosferico, condizioni meteorologiche e misure di limitazione utilizzando tutte le strutture messe a punto a livello interregionale da specifici progetti di cooperazione (http://www.lifeprepair.eu/ ) e ad approfondire le indagini epidemiologiche basate su dati sufficientemente estesi e completi e gli studi dei meccanismi di interazione che consentano di trarre conclusioni basate su solidi dati scientifici. /BB