Sanità. Più forte del Coronavirus, il Sant’Orsola di Bologna guarda al futuro e rilancia il piano di sviluppo dell’Ircss con “l’ospedale nel parco”, all’interno della città. Investimento da 277 milioni di euro. Bonaccini-Donini: “Al passo con le nuove sfide che ci attendono, la sanità emiliano-romagnola si fa trovare pronta”
Bologna - Oltre la pandemia, c’è un “ospedale nel parco” all’interno della città di Bologna: l’Irccs Policlinico di Sant’Orsola.
Ampliamento degli spazi (33mila metri quadrati in più), ma nell’ambito di una riqualificazione urbanistica che tiene insieme sostenibilità e innovazione degli interventi. Risultato: sei padiglioni completamente nuovi e la ristrutturazione di altri otto; tre parcheggi interrati, una nuova viabilità di superficie con ampio spazio per le ciclabili e un’“autostrada” sotterranea per il traffico delle merci. Il tutto in uno scenario di quasi 7 ettari (67.380 metri quadri, per l’esattezza) di verde e superfici permeabili (+14% rispetto a oggi), ricavati dall’eliminazione di parcheggi di superficie.
Un nuovo spazio pubblico, dunque (il Piano illustrato oggi in conferenza stampa), dove l’altissima qualità diventa non solo parte fondamentale del percorso di cura del paziente ma anche fattore di confort per chi è impegnato quotidianamente nell’attività di assistenza delle persone accolte.
L’investimento previsto è di 277 milioni di euro, di cui 52 milioni destinati ad apparecchiature e strumenti tecnologici di ultimissima generazione (come la piattaforma robotica, la risonanza magnetica 3T, TAC Avanzate).
I finanziamenti provengono dalla Regione Emilia-Romagna, dall’Università degli Studi di Bologna, da privati - la Fondazione Hospice Maria Teresa Chiantore Seràgnoli onlus -, da fondi aziendali e dal PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Le prime inaugurazioni sono previste già nel 2022.
Il futuro del S. Orsola, dopo la pandemia
La pandemia da Coronavirus ha segnato l’intero “sistema” dell’Emilia-Romagna in maniera indelebile, in molteplici ambiti, e quello sanitario - prima e forse più degli altri - ha dovuto tenerne conto.
Anche il Sant’Orsola, al pari dell’intero sistema sanitario regionale, ha dovuto reggere l’onda d’urto della pandemia e, al tempo stesso, ha continuato a fare ricerca.
E questo ha imposto una riflessione. È stato necessario, infatti, riprendere il Piano Direttore del 2017 (di cui già oggi si vedono importanti realizzazioni, come il cantiere della nuova Maternità, l’avvio imminente dei lavori per la Torre Biomedicale, la ristrutturazione delle Malattie Infettive e del Padiglione 5) e ripensarlo in maniera sostanziale, a cominciare dagli spazi, per continuare con i percorsi, di persone e merci, e il modo in cui tutto il complesso ospedaliero si inserisce nel tessuto urbano.
A questo si aggiunge un altro tassello: nel 2019, il Policlinico di Sant’Orsola è diventato Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs). Un riconoscimento che ha aperto ulteriori opportunità ma che comporta anche responsabilità, a cominciare dagli investimenti.
La realizzazione del Polo della Ricerca al Padiglione 3 ne è un esempio: oltre 9 milioni di euro per dare una casa a ricercatori e a tutti quei servizi che li supportano. L’avvio dei lavori è programmato nel 2022.
Oltre alle risorse previste per lo sviluppo futuro, per fare fronte all’emergenza pandemica il Sant’Orsola fino ad oggi ha già investito 5,3 milioni di euro per interventi strutturali, come la ristrutturazione dei Pronto Soccorso (Generale, Pediatrico, Ostetrico-ginecologico), la realizzazione della Covid Intensive Care e la ristrutturazione e riattivazione del Padiglione 25.
Un Parco urbano, “ecosistema” di servizi ambientali e socioculturali
Il Policlinico di Sant’Orsola, elemento rilevante dell’ecosistema urbano di Bologna, è costituito da edifici storici e moderni inseriti in una matrice di verde frammentata dalla viabilità interna, dedicata alla mobilità e alla logistica.
Il Piano Direttore, oltre a promuovere un modello innovativo di ospedale improntato al “percorso di cura” del paziente, e dunque basato su nuovi processi assistenziali, sull’evoluzione delle tecnologie e dell’attività di ricerca, delinea un quadro che guarda realmente al futuro: non soltanto luoghi di cura e terapia ma anche di relazione dedicati a pazienti e operatori.
Questo scenario, in relazione con gli innovativi strumenti urbanistici di Bologna, è realizzabile tramite obiettivi fondamentali indicati dal Piano, come la riduzione della domanda di sosta di superficie a favore di quella in struttura, così da restituire spazio al verde e alle superfici permeabili.
Non solo: c’è anche il potenziamento della rete di collegamenti logistici sotterranei per eliminare il traffico di superficie legato alla movimentazione delle merci, l’implementazione dell’offerta di mobilità pubblica e la promozione di una mobilità sostenibile all’interno dell’area.
In questo contesto, trova spazio una nuova polarità, proprio nel punto in cui vi è la maggior concentrazione di nuove funzioni: in corrispondenza del Polo Ematologico e di quello Materno Infantile sorgerà un nuovo ingresso pubblico, la cui estensione si configurerà come una piazza.
Un elemento nuovo di urbanità che avrà come vocazione non soltanto l’organizzazione dei flussi legati agli accessi dei nuovi edifici, ma anche l’accoglienza dei servizi alla persona, la ristorazione e ulteriori funzioni pubbliche legate alla contiguità con gli spazi di formazione del Gozzadini.
In allegato: lo stato dell’arte, le programmazioni future e le previsioni intervento per intervento; le dichiarazioni dei partecipanti alla conferenza stampa; fotografie